Il diritto penale è un campo in costante evoluzione, dove le interpretazioni giurisprudenziali definiscono i confini della responsabilità. La sentenza della Corte di Cassazione n. 19461 del 26 maggio 2025 offre un chiarimento cruciale sul favoreggiamento personale e sulla non punibilità di dichiarazioni mendaci rese per tutelare la propria posizione. Una pronuncia di grande rilevanza che rafforza il principio di autodifesa.
La vicenda ha riguardato il signor L. F., imputato per favoreggiamento personale. L. F. aveva reso e poi ribadito dichiarazioni non veritiere nel corso delle indagini, con l'intento di evitare un'accusa penale a suo carico. Dopo una condanna in Appello a Reggio Calabria, la Suprema Corte, presieduta da D. A. G. e con estensore C. A., ha parzialmente annullato senza rinvio la decisione. La questione centrale era stabilire se tali dichiarazioni, rese per sottrarsi a un'accusa penale, potessero rientrare nella causa di non punibilità.
La Cassazione ha applicato l'articolo 384 del Codice Penale, che esclude la punibilità per chi ha commesso un reato (come il favoreggiamento personale, ex art. 378 c.p.) per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento alla libertà personale o all'onore. La Corte ha ribadito che questa esimente opera anche quando le dichiarazioni mendaci sono finalizzate a evitare un'accusa penale a proprio carico, rendendo irrilevante l'esistenza di altre possibilità di difesa.
In tema di favoreggiamento personale, la causa di esclusione della punibilità prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento alla libertà personale o all'onore opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto agente abbia reso mendaci dichiarazioni per evitare un'accusa penale a proprio carico, essendo irrilevante l'esistenza di altre e diverse possibilità di difesa.
Questa massima chiarisce un principio essenziale: il diritto riconosce una "legittima difesa processuale" in situazioni estreme. La "necessità" di tutelare beni primari come la libertà o l'onore giustifica una condotta altrimenti illecita. Non si richiede al soggetto di aver esaurito ogni altra strategia difensiva; la finalità di evitare un'accusa penale, in presenza della minaccia di un grave pregiudizio, è sufficiente a far scattare l'esimente, rafforzando il diritto a non autoincriminarsi, principio tutelato anche dall'art. 24 Cost. e dall'art. 6 CEDU.
L'esimente non copre dichiarazioni mendaci rese per depistare le indagini in modo generico o per favorire terzi non legati da vincoli di parentela stretta, ma si applica strettamente alla finalità di evitare un'accusa penale diretta.
La sentenza della Cassazione n. 19461 del 2025 rappresenta un significativo passo avanti nel bilanciamento tra l'accertamento della verità processuale e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'imputato. Riconoscendo l'applicabilità dell'articolo 384 c.p. anche alle dichiarazioni mendaci finalizzate a evitare un'accusa penale personale, la Suprema Corte ha fornito maggiore chiarezza e una tutela più robusta al diritto di autodifesa.