Il panorama giuridico italiano è in continua evoluzione, specialmente di fronte alle sfide poste dalle nuove tecnologie e dai reati che nascono nel contesto digitale. Tra questi, il cosiddetto “revenge porn”, la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta, rappresenta una delle forme più subdole e devastanti di violenza online. Il Codice Penale, all'articolo 612-ter, ne sanziona la condotta, ma sorgono spesso complessità procedurali, in particolare riguardo alla determinazione della competenza territoriale del giudice.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18473, depositata il 16 maggio 2025, interviene proprio su questa delicata questione, offrendo un chiarimento fondamentale per operatori del diritto e cittadini. La pronuncia, presieduta dalla Dott.ssa R. Pezzullo e estesa dal Dott. E. V. S. Scarlini, affronta il caso di un imputato, G. P.M. S. G., e stabilisce i criteri per individuare il foro competente quando non è possibile determinare il luogo esatto di consumazione del reato.
Il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, introdotto nel nostro ordinamento con la Legge n. 69/2019 (il cosiddetto “Codice Rosso”), mira a tutelare la dignità e la riservatezza delle vittime, spesso esposte a una gogna mediatica irreversibile. Tuttavia, la natura digitale di queste condotte rende spesso ardua l'applicazione della regola generale sulla competenza per territorio, stabilita dall'articolo 8 del Codice di Procedura Penale. Tale norma prevede che la competenza spetti al giudice del luogo in cui il reato è stato consumato. Ma come si individua questo luogo quando le immagini vengono caricate su una piattaforma online o inviate tramite messaggistica istantanea, con destinatari potenzialmente sparsi ovunque e server situati in diverse giurisdizioni?
È proprio in queste situazioni di incertezza che entrano in gioco i criteri suppletivi, strumenti essenziali per garantire che ogni reato trovi il suo giudice e che la giustizia possa essere amministrata. La sentenza in esame si concentra su questa lacuna, fornendo una bussola per orientarsi nel labirinto delle competenze.
La Suprema Corte di Cassazione ha statuito con chiarezza, delineando il percorso logico-giuridico da seguire. La massima della sentenza, che riportiamo integralmente, è un punto di riferimento imprescindibile:
La competenza per territorio del delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, ove non sia applicabile la regola generale dell'art. 8 cod. proc. pen. per l'impossibilità di individuare il luogo di primo invio al destinatario delle immagini o dei video, si determina in base ai criteri suppletivi, considerati, in via graduale, dall'art. 9 cod. proc. pen. (Fattispecie nella quale la Corte, non essendo stato individuato il luogo di consumazione del reato né quello ove si era consumata parte della condotta, ha determinato la competenza nell'ufficio giudiziario del luogo ove l'imputato aveva fissato la sua residenza).
Questa pronuncia è di cruciale importanza. La Cassazione riconosce esplicitamente la difficoltà, se non l'impossibilità, di applicare l'articolo 8 c.p.p. quando non è possibile individuare il