Ricusazione del Giudice: La Cassazione 19416/2025 Chiarisce i Termini di Proposizione

L'imparzialità del giudice è una pietra angolare di ogni sistema giudiziario che si definisca giusto ed equo. La possibilità per una parte di ricusare un giudice che si ritenga non imparziale è un diritto fondamentale, tutelato sia a livello nazionale che europeo. Ma quando scatta il termine per esercitare questo diritto? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19416 del 29/04/2025 (depositata il 23/05/2025), ha fornito un'interpretazione cruciale che chiarisce il momento esatto da cui decorrono i termini per la proposizione della dichiarazione di ricusazione, specialmente quando le cause di incompatibilità emergono al di fuori delle aule di udienza.

L'Imparzialità del Giudice: Fondamento di un Processo Equo

Il nostro ordinamento processuale penale, in linea con l'articolo 111 della Costituzione e l'articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), garantisce il diritto a un processo equo davanti a un giudice imparziale. Gli articoli 37 e seguenti del Codice di Procedura Penale (CPP) disciplinano gli istituti dell'astensione e della ricusazione, strumenti essenziali per salvaguardare tale imparzialità. In particolare, l'articolo 37, comma 1, lettera b) del CPP stabilisce che il giudice può essere ricusato se ha "manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione".

La ricusazione è un atto complesso, soggetto a termini perentori, la cui inosservanza può precludere l'esercizio di questo importante diritto. L'articolo 38, comma 2, del CPP prevede che la dichiarazione di ricusazione sia proposta, a pena di inammissibilità, "non oltre tre giorni dalla conoscenza del fatto che determina la ricusazione". Ma cosa si intende esattamente per "conoscenza del fatto"?

La Sentenza 19416/2025: Il Momento Chiave per la Ricusazione

La vicenda che ha portato alla pronuncia della Suprema Corte riguardava l'imputato D. N. S., in un processo in cui il Giudice dell'Appello di Napoli aveva ritenuto tardiva l'istanza di ricusazione. L'istanza era stata presentata entro tre giorni dal deposito, avvenuto in udienza, di una sentenza emessa in altro procedimento da parte del Pubblico Ministero C. G., sentenza che conteneva valutazioni pregiudicanti. Nonostante il Tribunale avesse accordato un termine per la verifica di tali valutazioni, la Corte d'Appello aveva comunque dichiarato l'istanza inammissibile per tardività.

La Cassazione, con una pronuncia autorevole presieduta dal Dott. D. S. P. e con estensore la Dott.ssa C. A., ha annullato senza rinvio la decisione della Corte d'Appello di Napoli, affermando un principio di diritto di fondamentale importanza. Ecco la massima integrale:

Ai fini della decorrenza del termine per la proposizione della dichiarazione di ricusazione da parte dell'imputato, quando la causa addotta attiene ad eventi o atti giudiziari venuti in essere al di fuori dell'udienza e del processo, occorre fare riferimento al momento in cui la parte interessata ha acquisito effettiva e integrale conoscenza della stessa. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione della Corte di appello che aveva ritenuto tardiva l'istanza di ricusazione presentata nel termine di tre giorni dal deposito, avvenuto in udienza, da parte del pubblico ministero, della sentenza emessa in altro procedimento, nonostante fosse stato accordato dal Tribunale un termine per la verifica, in concreto, delle valutazioni pregiudicanti espresse nella sentenza stessa).

Questo pronunciamento chiarisce in modo inequivocabile che il termine di tre giorni non decorre dalla mera disponibilità formale dell'atto, ma dall'effettiva e integrale conoscenza del suo contenuto e, soprattutto, della sua potenziale natura pregiudicante. Non basta sapere che un atto esiste; è necessario comprenderne la portata ai fini della ricusazione. Questo principio è già stato affermato in precedenti conformi (Cass. n. 41110 del 2013, n. 19533 del 2014, n. 39415 del 2019), ma questa sentenza ne rafforza l'applicazione pratica.

La "Conoscenza Effettiva": Un Principio a Tutela dell'Imputato

La Suprema Corte sottolinea che, per gli eventi o atti giudiziari che si verificano al di fuori dell'udienza o del processo principale, il punto di partenza per il calcolo del termine è l'acquisizione di una "effettiva e integrale conoscenza" della causa di ricusazione. Questo significa che la parte deve essere messa nelle condizioni di:

  • Avere piena contezza dell'esistenza dell'atto o dell'evento;
  • Comprendere il contenuto specifico che genera il sospetto di parzialità;
  • Valutare concretamente la natura pregiudicante delle dichiarazioni o delle circostanze.
Nel caso specifico, il fatto che il Tribunale avesse concesso un termine per la verifica delle valutazioni pregiudicanti evidenziava proprio la necessità di un'analisi approfondita, non immediata, del contenuto della sentenza esterna. Ritenere tardiva l'istanza in un contesto del genere avrebbe significato privare l'imputato della possibilità di esercitare pienamente il suo diritto alla ricusazione, violando i principi del giusto processo.

Conclusioni: Un Faro per la Giustizia e la Tutela del Cittadino

La sentenza n. 19416 del 2025 della Corte di Cassazione rappresenta un importante presidio a tutela dell'imparzialità della funzione giudiziaria e, di conseguenza, dei diritti dell'imputato. Essa ribadisce che i termini processuali, pur essendo essenziali per la celerità della giustizia, non possono mai comprimere in modo irragionevole il diritto di difesa e la garanzia di un giudice terzo. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un promemoria fondamentale: nell'analisi della tempestività di un'istanza di ricusazione, l'attenzione deve sempre focalizzarsi non solo sulla data formale di deposito o conoscenza, ma sull'effettiva capacità della parte di comprendere e valutare la portata della causa di ricusazione. Solo così si può assicurare che il processo penale sia davvero "giusto" in ogni sua fase.

Studio Legale Bianucci