Il Tentativo Incompiuto di Estorsione: Analisi della Sentenza n. 18578/2025 della Cassazione

Il diritto penale è un campo in continua evoluzione, e le pronunce della Suprema Corte di Cassazione rappresentano un faro per l'interpretazione e l'applicazione delle norme. La sentenza n. 18578, depositata il 16 maggio 2025, ha offerto un chiarimento fondamentale in merito al delicato confine del tentativo di estorsione, concentrandosi sulla peculiare figura del "tentativo incompiuto". Questa decisione, presieduta dal Dott. L. Agostinacchio e relata dal Dott. G. Nicastro, analizza il caso di P. M. T. contro S. M., fornendo preziose indicazioni per professionisti del diritto e cittadini.

Il Delitto di Estorsione e la Sua Forma Tentata

L'estorsione, disciplinata dall'articolo 629 del Codice Penale, è un reato contro il patrimonio che si configura quando, mediante violenza o minaccia, si costringe qualcuno a fare o omettere qualcosa, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. L'ordinamento giuridico, tuttavia, non attende il perfezionamento del reato per intervenire. L'articolo 56 del Codice Penale, infatti, punisce il "tentativo", che si verifica quando il soggetto compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, ma l'azione non si compie o l'evento non si verifica. Tradizionalmente si distingue tra "tentativo compiuto" (l'agente esaurisce l'azione ma l'evento non accade) e "tentativo incompiuto" (l'azione stessa non è portata a termine per cause indipendenti dalla volontà dell'agente).

La Sentenza 18578/2025: La Chiarezza sul Tentativo "Incompiuto"

La pronuncia della Cassazione n. 18578/2025 si concentra proprio su questa seconda tipologia di tentativo, in particolare nel contesto estorsivo. Nel caso specifico, l'imputato S. M. era accusato di una condotta consistente in una mera minaccia rivolta alla vittima. Ciò che rendeva il caso peculiare era l'assenza di una successiva e esplicita richiesta di denaro, la cui mancanza era dovuta a eventi esterni e indipendenti dalla volontà dell'agente. La Corte d'Appello aveva annullato con rinvio la precedente decisione del Tribunale della Libertà di Brescia, proprio per ridefinire i contorni di questa fattispecie. La Cassazione, con la sua sentenza, ha stabilito un principio fondamentale che chiarisce come anche in assenza della completa esplicazione della condotta tipica del reato (la richiesta di denaro), il tentativo possa comunque configurarsi se l'azione, seppur parziale, era idonea e diretta in modo non equivoco a produrre l'evento.

È configurabile, in relazione al delitto di estorsione, il tentativo cd. "incompiuto", che ricorre nel caso in cui il soggetto agente abbia realizzato solo in parte, senza portarla a compimento, l'azione diretta a produrre l'evento. (In applicazione del principio, la Corte ha affermato che integra il tentativo cd. "incompiuto" di estorsione la condotta dell'indagato consistita in una mera minaccia rivolta alla vittima, cui non era seguita, per il verificarsi di eventi indipendenti dalla sua volontà, la richiesta di denaro confermativa della strumentalità della stessa al compimento forzoso dell'atto dispositivo patrimoniale).

Questa massima della Corte di Cassazione sottolinea un aspetto cruciale: per la configurabilità del tentativo "incompiuto" di estorsione, non è necessario che l'agente abbia completato ogni singolo passaggio della condotta tipica. È sufficiente che abbia posto in essere atti che, pur non essendo giunti a compimento per fattori esterni, rivelino inequivocabilmente la sua intenzione estorsiva e siano oggettivamente idonei a raggiungere il fine illecito. Nel caso analizzato, la "mera minaccia" era considerata un atto idoneo e non equivoco, la cui efficacia coercitiva era volta a ottenere un profitto, anche se la fase successiva (la richiesta esplicita di denaro) è stata interrotta da circostanze non dipendenti dalla volontà dell'aggressore.

Implicazioni Giuridiche e Tutela

La sentenza rafforza l'importanza dell'articolo 56 del Codice Penale, garantendo che la giustizia possa intervenire anche in fasi preliminari del reato, purché vi sia chiara intenzione criminosa e atti concreti diretti a realizzarla. La valutazione dell'idoneità e dell'univocità degli atti è sempre un giudizio ex ante. Questa interpretazione assicura una maggiore tutela delle vittime e una più efficace repressione dei reati contro il patrimonio, impedendo che condotte gravemente minacciose rimangano impunite solo perché l'agente non è riuscito a completare l'iter criminoso per cause esterne. È un monito per chiunque intenda intraprendere azioni coercitive per ottenere vantaggi illeciti, evidenziando che anche i primi passi verso l'estorsione possono avere conseguenze penali significative.

Conclusioni

La sentenza n. 18578/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un punto fermo nell'interpretazione del tentativo di estorsione, in particolare nella sua forma "incompiuta". Ribadisce che l'ordinamento giuridico non attende il perfezionamento del reato per intervenire, ma sanziona già la messa in atto di condotte idonee e univoche dirette a commettere un delitto. Questo principio è fondamentale per la prevenzione e la repressione dei reati, assicurando che l'intenzione criminosa, una volta tradotta in azioni concrete e pericolose, trovi una risposta ferma e tempestiva da parte della giustizia. Per chiunque si trovi ad affrontare situazioni simili, sia come vittima che come indagato, è cruciale affidarsi a una consulenza legale esperta per navigare la complessità di queste fattispecie.

Studio Legale Bianucci