Con la decisione n. 13149 depositata il 4 aprile 2025, la Quarta Sezione penale della Corte di Cassazione ha affrontato un nodo ricorrente nei processi per guida in stato di ebbrezza: quanto incide il tempo intercorrente tra la condotta di guida e l’esecuzione del test alcolimetrico sulla tenuta probatoria dell’accertamento? Il ricorso presentato da A. S. lamentava proprio l’«eccessivo» lasso temporale trascorso prima del prelievo, sostenendo che ciò avrebbe inficiato l’attendibilità del risultato. La Suprema Corte ha giudicato la censura infondata, dichiarando inammissibile il ricorso e confermando la linea già tracciata da precedenti conformi.
La Corte parte da un dato fattuale: è fisiologico che tra l’illecito e il test si determini un intervallo di tempo, dovuto alle attività di fermo, identificazione e predisposizione delle apparecchiature. Tale intervallo, di per sé, non altera la concentrazione di alcol rilevata al punto da renderla inattendibile. Il Collegio richiama l’art. 186, comma 2, lett. b), Codice della strada, che punisce chi guida con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 g/l, laddove la condotta penalmente rilevante si cristallizza al momento della guida e non al momento del prelievo.
In altre parole, salvo che la difesa non dimostri concretamente che nel lasso di tempo in questione si sia verificata una diminuzione significativa del tasso alcolemico (ipotesi che appare astratta se i minuti trascorsi sono tutto sommato contenuti), l’alcoltest conserverà valore probatorio pieno.
In tema di guida in stato di ebbrezza, il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolmetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico.
Commento: la massima stabilisce un principio di diritto tanto semplice quanto decisivo. L’inevitabilità del tempo tecnico svincola l’accertamento dalla pretesa di istantaneità assoluta: ciò che conta è che il test venga eseguito con apparecchi omologati e secondo il protocollo di legge. La difesa potrà eccepire la validità solo dimostrando vizi concreti (mancata taratura, irregolarità di procedura, condizioni soggettive dell’imputato), non certo il semplice trascorrere del tempo.
Dal punto di vista delle Forze di polizia, la sentenza legittima l’attuale prassi operativa: fermo, precursore, eventuale accompagnamento presso la caserma o comando, doppio soffio con etilometro omologato. Per il cittadino, invece, resta centrale la consapevolezza che:
Per l’avvocato difensore, la strategia si sposta allora su profili diversi: verifica dell’omologazione dello strumento, presenza di avviso al soggetto circa la facoltà di farsi assistere da un legale o da persona di fiducia, rispetto dei tempi tra i due soffioni, esistenza di video o verbali contraddittori.
La pronuncia n. 13149/2025 colloca un altro tassello nella giurisprudenza di legittimità, respingendo ogni automatismo che vorrebbe il decorso temporale come causa di nullità dell’accertamento. È un richiamo alla concretezza: la validità del test alcolimetrico si gioca sulla correttezza tecnica e procedurale, non sul cronometro. Per gli operatori del diritto, ciò significa focalizzare la difesa su elementi oggettivi e documentati; per gli automobilisti, la consapevolezza che la «scusa del ritardo» difficilmente varrà a eludere le responsabilità penali e amministrative previste dall’art. 186 CdS.