Il sistema giudiziario italiano, specialmente quando si tratta di minori, è intriso di peculiarità e garanzie volte a tutelare il superiore interesse del giovane coinvolto. Ogni provvedimento, ogni fase processuale, deve essere attentamente calibrata per non pregiudicare il percorso di crescita e rieducazione. In questo contesto si inserisce l'importante chiarimento offerto dalla Corte di Cassazione con la sua ordinanza n. 20236 del 6 maggio 2025 (depositata il 30 maggio 2025), la quale affronta una questione delicata relativa al giudizio immediato nel procedimento penale minorile e al ruolo degli accertamenti sulla personalità del minore.
Il procedimento penale minorile si distingue profondamente da quello ordinario, ponendo l'accento sul recupero e la rieducazione del minore. Questo si traduce in una maggiore flessibilità procedurale e nell'enfasi sugli accertamenti sulla personalità, elementi essenziali per comprendere il contesto socio-psicologico del giovane imputato. Il giudizio immediato, un rito alternativo per processi con prova evidente, nel contesto minorile deve sempre fare i conti con le esigenze di tutela del minore.
Il caso esaminato dalla Cassazione vedeva un Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale per i Minorenni di Bologna rigettare una richiesta di giudizio immediato. La particolarità stava nel fatto che il GIP, contestualmente al rigetto, aveva disposto che il Pubblico Ministero (P.M.) effettuasse gli accertamenti sulla personalità del minore, come previsto dall'articolo 9 del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni). La questione posta alla Suprema Corte era se tale provvedimento potesse considerarsi "abnorme", ovvero atipico e capace di bloccare il procedimento.
In tema di procedimento minorile, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di giudizio immediato, respinga l'istanza disponendo, contestualmente, che il pubblico ministero effettui gli accertamenti sulla personalità del minore di cui all'art. 9 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448. (In motivazione la Corte ha evidenziato che il pubblico ministero non è tenuto a eseguire obbligatoriamente gli accertamenti richiestigli e che il diniego dell'accesso al rito rientra nei poteri attribuiti dalla legge al giudice e non determina una situazione di stasi processuale, potendo il pubblico ministero procedere nelle forme ordinarie).
La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, ha chiarito che il provvedimento del GIP non è affatto "abnorme". L'abnormità, nel diritto processuale, si configura quando un atto è talmente deviante dalle regole da bloccare il processo o causarne una regressione ingiustificata. La Suprema Corte ha escluso l'abnormità per diverse ragioni:
Questa decisione rafforza l'importanza degli accertamenti sulla personalità del minore, che sono la chiave di volta del processo minorile. Essi forniscono al giudice una visione completa del giovane, del suo contesto familiare e sociale, e delle sue esigenze rieducative, permettendo l'applicazione di misure penali che siano non solo punitive ma anche formative e di recupero.
La pronuncia della Cassazione conferma i principi cardine del diritto penale minorile. Il rifiuto del giudizio immediato e la richiesta di approfondire gli accertamenti sulla personalità, pur non essendo vincolanti per il P.M., rappresentano un atto di cautela e un'affermazione della necessità di non sacrificare la completezza dell'istruttoria in nome della celerità. La giustizia minorile predilige un approccio individualizzato, dove la conoscenza approfondita del minore prevale sulla mera applicazione schematica delle norme. Questo è in linea con le direttive europee e internazionali che promuovono un sistema di giustizia a misura di minore, dove la comprensione delle cause del comportamento deviante e la ricerca di percorsi rieducativi sono prioritari.
L'ordinanza n. 20236/2025 della Corte di Cassazione offre un importante orientamento per gli operatori del diritto minorile. Essa conferma che il GIP ha ampi poteri discrezionali nel valutare le richieste di giudizio immediato e che la sua decisione di approfondire gli accertamenti sulla personalità del minore, ai sensi dell'articolo 9 del D.P.R. 448/1988, non può essere considerata un atto abnorme. Al contrario, tale scelta si configura come un esercizio ponderato della funzione giurisdizionale, finalizzato a garantire una giustizia più equa e mirata per i giovani imputati. Per i professionisti, questa pronuncia è un monito a considerare sempre la complessità del caso minorile e a valorizzare tutti gli strumenti investigativi e valutativi disponibili per costruire un percorso processuale realmente orientato al superiore interesse del minore.