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Le indagini difensive

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L’importanza delle indagini difensive

Lo Studio Legale Bianucci, nella maggior parte dei procedimenti penali, ricorre alle indagini difensive al fine di ricercare la Verità, sia quando difende l’imputato che la persona offesa dal reato.

Spesso il ricorso alle indagini difensive durante la fase delle indagini preliminari, nonché il contraddittorio con la Pubblica Accusa, attraverso il deposito di memorie difensive e di documenti, consente di giungere all’archiviazione totale o parziale di un procedimento penale. E tutto ciò giova incredibilmente al Cliente, il quale attraverso questo potente strumento processuale, riesce ad evitare la sofferenza portata dal processo penale con tutte le sue conseguenze assai pregiudizievoli.

Le indagini difensive, dunque, sono essenziali. Ed il buon difensore deve ricorrere a tale strumento tutte le volte che ne necessiti per dimostrare la Verità e le ragioni del proprio Assistito.

Di seguito, verrà argomentato nello specifico l’argomento delle investigazioni difensive.

Come suggerisce intuitivamente l’espressione “investigazione difensiva“, si tratta di quelle investigazioni che possono essere svolte dal difensore e che sono finalizzate a ricercare e ad individuare gli elementi di prova nell’interesse del proprio Assistito.

Un elemento di particolare rilievo, che occorre anticipare finora, è costituito dal fatto che le indagini difensive possono essere compiute non solo quando risulta già in corso un procedimento penale a carico del proprio Cliente, ma anche quando la sua instaurazione è solo eventuale; in tal caso si parla di “indagini difensive preventive”, le quali sono regolate dall’art. 391 novies C.p.p.

Prima di addentrarci in un’analisi più approfondita, appare opportuno comprendere la ratio che permea l’intera disciplina delle indagini difensive, al fine di coglierne non solo le stravolgenti potenzialità, ma anche i limiti.

La disciplina delle indagini difensive di cui al titolo VI bis del libro V del codice di procedura penale (artt. 391 bis ss. C.p.p.) risulta relativamente giovane, in quanto è stata introdotta soltanto con la legge n. 397 del 7 dicembre 2000. Tale nuova normativa, nell’abrogare l’art. 38 disp.att.c.p.p. che in modo stringato regolamentava l’esercizio del “diritto alla prova dei difensori”, al tempo stesso ha provveduto a introdurre una disciplina organica e completa che potenzia i poteri di ricerca delle fonti di prova da parte della difesa.

Come già preannunciato, tale pacchetto di poteri d’investigazione concesso al difensore non è altro che una delle più importanti ramificazioni che si irradiano a partire dalla decisiva riforma costituzionale dell’art. 111 Cost., attuata dalla L.Cost.n.2/1999.

Tramite tale riforma è stato costituzionalizzato il principio del c.d. “giusto processo” che si innesta nell’ambito di un procedimento penale di tipo accusatorio e che si traduce in altrettanti cardini fondamentali del sistema processuale, tra cui in primis il principio del contraddittorio, nonché della parità tra accusa e difesa.

Ciò significa che nell’ambito del processo penale i fatti sono accertati e provati solo ed esclusivamente nel contraddittorio delle Parti, ovvero nella dialettica tra Accusa e Difesa. Pertanto, a tal fine, è essenziale assicurare ad entrambi i poli la “parità delle armi”, cioè parità di accesso alle fonti di prova che, raccolte e acquisite già in sede di indagini preliminari – e persino prima – anche dalla Difesa possono orientare utilmente la strategia difensiva nonché assicurare elementi probatori potenzialmente decisivi in sede di giudizio.

In sintesi l’introduzione della disciplina delle indagini difensive rappresenta il tentativo operato dal Legislatore di dare concreta e piena attuazione del principio della “parità delle armi” tra Accusa e Difesa, tipizzando le attività e gli strumenti d’investigazione, nonché regolandone le modalità di espletamento da parte dell’avvocato.

È innegabile che, quale diretto effetto, anche la figura e il ruolo del difensore penale risulti stravolto: egli non è più soltanto un “demolitore” dell’atto d’indagine del P.M., ma egli stesso, in prima persona, può raccogliere fonti di prova.

Sul punto l’art. 327 bis C.p.p., introdotto sempre dalla L. n. 397/2000, dispone che “fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e finalità stabilite dal titolo VI bis”.

Forme e finalità stabilite dal titolo VI bis (391 bis – 391 septies C.p.p.).

Le indagini che possono concretamente essere espletate dall’avvocato penalista, sia quale difensore dell’indagato/imputato, sia della persona offesa del reato o delle altre parti private, possono essere suddivise in due grandi categorie:

  • Indagini da fonti dichiarative
  • Indagini dirette

 

  • INDAGINI DA FONTI DICHIARATIVE

L’art. 391 bis c.p.p. concede la possibilità al difensore, al sostituto del difensore, agli investigatori privati, nonché ai consulenti tecnici di avere con persone in grado di riferire circostanze utili all’attività investigativa, un colloquio ovvero di ricevere dichiarazioni scritte o di assumere informazioni.

Nello specifico:

  • Colloquio: si intende una conversazione informale di cui non si redige alcuna documentazione né scritta né in forma di registrazione audio;
  • Dichiarazione scritta: deve intendersi un atto scritto, autenticato dal difensore, contenente affermazioni da colui che le rende;
  • Assunzione di informazioni: si fa riferimento ad un colloquio documentato in cui il soggetto risponde alle domande del difensore.

Tali operazioni sono sempre precedute da una serie di avvertimenti dati dal difensore all’interlocutore, tra cui anche l’avviso circa la facoltà di non rispondere. Nel caso in cui il soggetto si avvale di tale facoltà, il difensore può sempre chiedere – ai sensi dell’art. 391 bis commi 10 e 11 C.p.p. – che l’audizione sia disposta dal P.M. oppure può richiedere un incidente probatorio.

Sulla base di tali dati emerge limpidamente uno dei principali limiti dei poteri di indagine del difensore il quale, a differenza della Pubblica Accusa, non dispone di poteri coercitivi diretti.

 

  • INDAGINI DIRETTE E ALTRE INVESTIGAZIONI

Il difensore nell’esercizio dei poteri investigativi può altresì:

  • Richiedere ed estrarre copia di documentazione in possesso della Pubblica Amministrazione (art. 391 quater p.p.);
  • Accedere a luoghi e visionare cose, effettuando descrizioni, rilievi tecnici, fotografici,… (art. 391 sexies p.p.);
  • Accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico con l’autorizzazione di chi ne ha la disponibilità ed, in difetto, con l’autorizzazione del giudice (art. 391 septies p.p.);
  • Compiere accertamenti tecnici non ripetibili previo avviso al P.M. (art. 391 decies, c.3 e 4 p.p.).

 

Fascicolo del difensore ed utilizzabilita’ degli atti (391 octies e 391 decies C.p.p.).

Gli atti costituenti attività investigativa del difensore confluiscono in quello che l’art. 391 octies C.p.p. denomina “fascicolo del difensore”, i cui elementi di prova favorevoli al proprio Assistito ivi contenuti possono essere presentati:

  • Al Pubblico Ministero;
  • Al Giudice per le Indagini preliminari o dell’udienza preliminare;
  • Al Giudice indipendentemente dal fatto che debba o meno prendere una decisione

Un’altra differenza tra difesa e Pubblico Ministero sta in questo: se il primo non ha alcun obbligo di presentare documenti o informazioni sfavorevoli al Cliente, al contrario il P.M. in quanto “parte imparziale” ha l’obbligo di presentare al giudice tanto gli atti contrari quanto quelli positivi a sostegno dell’innocenza dell’indagato/imputato.

Secondo le regole generali le dichiarazioni contenute nel fascicolo del dibattimento sono utilizzabili:

  • Nelle Indagini preliminari;
  • Per la decisione dell’udienza preliminare;
  • Per la decisione nei riti speciali del decreto penale, patteggiamento e del giudizio abbreviato.
  • Nel dibattimento per le contestazioni (art. 500 C.p.p.); per la lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione (art. 512 C.p.p.) e per la lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare (art. 513 C.p.p.).

Infine gli eventuali atti non ripetibili compiuti dal difensore sono inseriti nel fascicolo del dibattimento e portati quindi a conoscenza del giudice dibattimentale.

Lo Studio

Lo Studio Legale Bianucci di Milano assiste e difende le Persone nell'ambito del diritto civile e del diritto penale, offrendo una tutela legale completa e aggiornata, fondata sul rapporto con il Cliente chiaro e trasparente.

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